La Riviera del Brenta è il primo distretto calzaturiero italiano a promuovere una certificazione di tracciabilità, puntando all’applicazione del marchio made in Venice. Le scarpe realizzate nel territorio compreso tra Venezia e Padova, scelto da alcune grandi firme, tra cui Louis Vuitton, Christian Dior o Giorgio Armani, come sede per i loro headquarter stilistici e produttivi, conterranno un micro trasmettitore che invierà informazioni agli smartphone dei clienti finali sulla storia dei prodotti acquistati: dove, come e quando sono stati realizzati. Le stesse informazioni saranno disponibili attraverso il codice Qr stampato nella scatola. I contenuti, forniti dalle aziende che aderiranno al progetto, verranno controllati da Qcb-Quality certification bureau Italia, ente di certificazione scelto dalla consulta di distretto, che comprende le associazioni di categoria e i sindacati, per accompagnare le imprese nel percorso verso la trasparenza. «Siamo alla fase finale della progettazione, ora iniziamo a raccogliere le adesioni dei produttori», ha annunciato Renato Rossi, presidente Qcb, alla presentazione del progetto che si è tenuta sabato a Vigonza (Padova). L’iniziativa nasce dall’esigenza di offrire garanzie ai consumatori partendo dall’originalità certificata del prodotto, dai materiali utilizzati e dal periodo di produzione effettiva, per evitare di acquistare rimanenze vendute per novità. Il disciplinare prevede inoltre il rispetto delle normative etiche e ambientali, dall’utilizzo di sostanze ecocompatibili allo smaltimento corretto dei residui di lavorazione. Si punta infine al controllo della subfornitura, isolando il circuito del laboratori cinesi clandestini che si sono moltiplicati lungo il Brenta gestendo le fasi che richiedono più manodopera. «Siamo stati i primi in Italia, nel 2010, ad adottare un protocollo d’intesa per la filiera, quantificando i prezzi minimi che devono essere riconosciuti ai fornitori», ha aggiunto Mario Siviero, presidente della consulta. «Ma ora dobbiamo fare di più, perché tra i consumatori cresce la sensibilità verso etica e legalità». All’incontro era presente la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli, che ha sottolineato l’importanza della certificazione volontaria come strumento per aggirare gli ostacoli posti dall’Europa sul marchio di origine. «Il made in obbligatorio è assolutamente nella nostra agenda», ha spiegato Fedeli a MFF. «Si stanno determinando nuove condizioni favorevoli grazie all’apertura del dossier sulla contraffazione, che sta sensibilizzando ulteriormente il sistema delle imprese».

fonte: MF Fashion – FASHION E LUXURY MADE IN ITALY

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